Il fine della parola

La parola è uno strumento di piacere, di dominio, di espressione. Non cerca la verità, ma soddisfa i bisogni di chi la manipola. Chi usa la parola?
Chi vuol dominare, chi vuol obbligare, chi vuol convincere, chi vuol conquistare, chi vuol sottomettere gli altri, chi vuol curarsi dal male della solitudine. Solo i segni complicati della logica, della matematica, delle scienze formali scandagliano fra la molteplicità dei simboli alla ricerca del vero. Verità è rigore, semplicità, chiarezza, mancanza di ambiguità espressi, però, in un linguaggio ai più incomprensibile. Chi ama la verità non può che essere austero del parlare. Il silenzio spesso è ciò che contraddistingue quest’amore della verità. Frege! chi più di lui ha incarnato quest’amore per il vero. Saper ridurre linguaggio a formule inesprimibili attraverso la parola ordinaria, attraverso linguaggio quotidiano, ben sapendo che questo è un vacuo blaterare rispetto alla verità, un mare di suoni che celano il mondo primitivo degli istinti di sopraffazione, di sete di dominio, di morte, di distruzione di individui immersi nella civiltà del linguaggio.

1980

POSTILLA 2021

Mi piacerebbe chiederti di quale verità stai parlando, forse di quella verità che non dice niente sul mondo perché legata soltanto a procedure formali. La verità sul mondo ha bisogno del linguaggio, di una molteplicità di linguaggi che si intrecciano, che dialogano tra loro. Ha bisogno anche di un ancoraggio al reale, all’essere, un ancoraggio che necessita, questo sì, di rigore, chiarezza. Capisco e condivido il fastidio per il rumore generato dal blaterare che oggi, grazie a quei giganteschi amplificatori che sono la televisione e internet, è ancor più assordante. Ma il silenzio lo lascerei ai monaci. Spesso chi predica il silenzio lo fa parlando e straparlando. E poi considera che non sempre la verità è lo scopo del parlare. Senza una qualche forma di linguaggio non avremmo nessuna opera d’arte e io credo che l’arte, in tutte le sue forme, non punti alla verità, a meno che non si intenda con verità anche quel mondo molteplice e soggettivo dell’esistenza che può esser solo indicato, mostrato ma non descritto.

 


Potere

Il potere reale è il micro potere, non il prodotto della pura forza. Il potere della coercizione è destinato ad esaurirsi in breve tempo. Il micro potere è duraturo ed è basato sul consenso di una molteplicità di individui, dall’infinita varietà di comportamenti che hanno punti di contatto e di analogia. Il potere è in noi e non fuori di noi. La vera rivoluzione non è l’atto violento che rovescia la realtà, ma un processo lungo che cambia la struttura, la mentalità, i comportamenti degli individui che convivono in una determinata società.
Il micro potere è il prodotto di una massa di comportamenti statisticamente rilevanti che si materializzano in istituzioni, in uomini, in idee, in “cultura” e che, in un certo senso, si è estranea dalla sua base, divenendo qualcosa di autonomo che può stare in piedi apparentemente anche da solo. Da qui i conflitti di, quando le strutture generate da quel potere perdono i legami con la sua base d’origine e l’autonomia del potere diventa incapacità di star dietro ai mutamenti della vita, della realtà.
Perché abbiamo paura della menzogna e delle contraddizioni? Basta pensare ad una società dove tutti mentono e dove non si presta attenzione alle contraddizioni e subito si capisce perché la menzogna è un disvalore. Nello stesso tempo però credere in qualcosa ha una sua autonomia. Non occorre che Dio esista se tutti credono nella sua esistenza e si comportano come se esistesse.

1980

POSTILLA NOVEMBRE 2021
Fai attenzione però al fatto che si può essere convinti dell’esistenza di Dio indipendentemente dal fatto che esistano solo collocandolo in uno spazio o in una dimensione in cui non è possibile accedere con i nostri strumenti conoscitivi. Che cosa accade però se parliamo di qualcosa che riguarda l’essere, ciò che è, ciò che esiste nella realtà materiale esperibile, che ci tocca materialmente, che incide sulle nostre vite. Veramente basta che tutti credano in un’idea perché l’essere diventi ciò che quell’idea descrive? Forse stiamo giocando giochi diversi quando parliamo di Dio e quando parliamo dell’essere. Kant qui ha molto da insegnare. Vi è una tensione insopprimibile tra ciò che crediamo e ciò che è, e questa tensione è diventata tremenda nel nostro tempo a causa del dilagare della comunicazione incontrollata. Forse nei tempi passati questa tensione riguardava soltanto minoranze, i più vivevano la loro esistenza nel mondo della tradizione e delle credenze. Oggi la tensione tra le nostre idee e l’essere è dilagata perché abbiamo sempre più bisogno di conoscenze per organizzare la nostra vita e nello stesso tempo abbiamo aperto gli argini tutte le idee, anche a quelle più strampalate.

La cultura è un potere, ma è un potere fondato sugli individui, non ha una sua autonomia. Qui sta la sua forza e la sua debolezza. La sua forza perché è una forma di micro potere, la sua debolezza perché l’individuo non costituisce una base certa, solida. L’individuo è molteplice, volubile, manipolabile. Se l’individuo viene lasciato solo o si crede al centro di tutto, una sorta di novello Robinson, allora la forza si tramuta in debolezza.
Infine considera che anche il potere della coercizione ha un suo ruolo, e non è un ruolo secondario.