Funzionalismo

Si critica il funzionalismo perché sembra che adotti come unico criterio quello dell’utilità. Di fronte a esso si pone come antagonista l’effimero piacere di gustare la “cosa in sé”, senza alcuna ragione pratica o scopi utilitaristici; paradossalmente, anche questa è una posizione utilitaristica funzionalista come lo era l’esaltazione dell’ornamento alla fine del secolo scorso, come lo è l’odierna esaltazione dell’effimero, del piacere fine a se stesso. Tali elementi che continuamente vengono riproposti nella cultura contemporanea anche di sinistra, la cultura che esalta ciò che dura un attimo e che è destinato alla caducità. Anche la scelta dell’effimero dell’estate romana era funzionale allo scopo di sollecitare uno svecchiamento della cultura dominante, di superare gli steccati tra cultura alta e cultura popolare. Anche l’interpretazione dequalificata dell’effimero nei risvolti successivi all’estate romana è sta funzionale, utile a far passare la cultura individualista degli anni Ottanta.

Il funzionalismo è un codice universale dell’agire umano e non si può pensare che qualcosa sia stato prodotto dall’uomo e che non abbia una funzione, che non sia utile a qualcosa. La critica di Loos al decorativismo esprime una posizione rispondente ad un bisogno reale in quel momento. La critica del funzionalismo da parte del “postmodern” esprime anch’esso un bisogno reale, seppur opposto a quello provato da Loos. Con ciò si vede che la critica del “postmodern” non è rivolta al funzionalismo come categoria fondamentale dell’attività umana, come idea guida della produzione di oggetti, ad un modo di utilizzare pensare quegli stessi oggetti, ad un modo di vivere con gli oggetti, perchè non può essere criticata tale dimensione. Il funzionalismo è un’idea basilare dell’attività umana; intorno ad esso si apre una miriade di scelte è una di queste scelte è quella di Loos, la scelta “funzionalista”, un’altra è quella decorativista, un’altra ancora è quella del “postmodern”. Va da sé che la scelta di quel termine è ambigua, forse volutamente, perché utilizza un solo termine per indicare due livelli, il livello profondo del comportamento umano e la grammatica di superficie che concretizza il livello profondo di un comportamento particolare e mutevole. Qui siamo di fronte ad un “crampo” wittgensteiniano, crampo che ha prodotto comportamenti e idee cervellotiche e pazzesche, che ha messo in discussione ciò che non è discutibile in quanto fuori dalla portata delle scelte umane. Possiamo pensare di produrre cose totalmente inutili o inutilizzabili? Possiamo invece pensare di utilizzare gli oggetti in modo diverso da quello indicato dalla grammatica del “funzionalismo” o del decorativismo o del “postmodern”?