Paris, Tabucchi

di Ovidio Della Croce

 “Antonio Tabucchi, le fil de l’écriture”. Si intitola così l’Exposition delle carte di Tabucchi che la moglie Maria José de Lancastre, i figli Michele e Teresa hanno donato alla Biblothèque Nationale de France. Siamo sul Quai François Mauriac, a est del centro. Da Notre Dame ci si può arrivare passeggiando tranquillamente sul Quai Saint Bernard. Sul nostro cammino, poco prima del meraviglioso Jardin de Plantes, troviamo l’Istituto del Mondo Arabo, fondato nel 1980 per favorire i rapporti culturali tra il mondo islamico e quello occidentale.

Il Jardin de Plantes merita più di una breve sosta. Benché abbia perso i miei occhiali nella cattedrale di Notre Dame e benché sia autunno, il Jardin de Plantes appare ai miei occhi bellissimo, specialmente per il contrasto fra la vegetazione fuori e quella dentro i padiglioni riservati alle piante tropicali. Fuori non fa freddo e per questo rinunciamo all’idea di entrare vestiti in una specie di bagno turco con un’umidità del 90 per cento solo per goderci l’illusione delle foreste tropicali. Imperdibile il panorama che si vede dall’alto della grande roccia, per questo vale la pena salirci anche prendendo le strette e simpatiche scorciatoie nascoste tra il verde.


Ma la nostra scelta è radicale, ci lasciamo alle spalle i viali alberati del Jardin e procediamo verso l’Exposition Tabucchi. Proprio davanti alla Senna, sulla rive gauche, spuntano i gradini che portano alle quattro torri della Bnf François Mitterand che ospitano dodici milioni di volumi. C’è il rischio di perdersi, ma siamo come portati verso la Galerie des Donateurs e attratti da un luccichio proveniente dalla prima bacheca che ci troviamo di fronte appena entrati nella sala della mostra. Finalmente si riconoscono gli occhiali di Antonio, le lenti ovali con la montatutra in metallo color oro, adagiati sull’astuccio in pelle marrone che sta vicino alla carta d’identità rilasciata il 17 dicembre 2007 dal Comune di Vecchiano. Mi verrebbe voglia di toccarli quegli occhiali e non per “quel minimo di feticismo che i grandi artisti meritano” (Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, p. 35), ma perché densi di tempo e di sguardi. Accanto c’è una minuscola e preziosa edizione di alcune opere di Leopardi, dietro il poema epico Os Lusíadas di Luís de Camões e davanti un “coup papier en os de baleine des Açores”. Sullo sfondo ecco due piccole sculture di Pessoa e Tabucchi dell’artista José João Brito.

Parigi, mia cara

Molti si chiedono perché la famiglia di Antonio Tabucchi ha deciso di donare l’archivio dei manoscritti dello scrittore alla Biblioteca Nazionale di Parigi e non alla Nazionale di Roma. Forse perché siamo soliti pensare alla carriera di Tabucchi come uno snodo tra due luoghi: Vecchiano, il paese della famiglia e degli amici; e Lisbona, la città della moglie Zé e di Pessoa, dove Tabucchi andò ad abitare, dove visse gli ultimi anni e dove ora riposa al cimitero dos Prazeres accanto al “più grande poeta del secolo”. Ma fra i luoghi che per Tabucchi hanno avuto un ruolo formativo fondamentale c’è Parigi, dove il giovane Antonio, grazie al padre e allo zio, andò nel 1963 come libero uditore alla Sorbona, “molto tempo ben perduto a Parigi a scoprire cose diverse dalla filosofia, la decisone di tornare in Italia perché quello studente si era accorto che la letteratura gli piaceva di più” (Tabucchi, Di tutto resta un poco, p. 249). La moglie Zé ricorda la nota e straordinaria coincidenza: “Fu qui, ad esempio, sulla bancarella di un bouquiniste, che trovò un libro di poesie di Pessoa, che lo portò a studiare il portoghese, e poi scrivere. Parigi è come se fosse la sintesi del suo essere italiano e poi portoghese” (Roberto Ferrucci, Sosteneva Tabucchi). A Parigi Antonio e la Zé presero casa, una casa elegante e piena di libri, ci si accedeva da una scala pendente: “Alla pisana”, scherzava salendo (Andrea Bajani, Mi riconosci).

Sul percorso intellettuale di Antonio Tabucchi e sul ruolo giocato da Parigi negli anni della sua formazione ha scritto pagine illuminanti il critico e amico Remo Ceserani (Adamastor e dintorni, pp. 57-69).



Antonino, all’anagrafe

Pare buffo scoprire a Parigi che il più grande scrittore italiano, ma sulla carta d’identità c’è scritto “professione: docente universitario”, nato il 24 settembre 1943, ma registrato alla data del 23, il più ammirato e conosciuto al mondo a fine Novecento, si chiamasse Antonino, all’anagrafe del Comune di Vecchiano “près de Pise, est le village d’enfance où il sèjournait regulièrement”, spiega il biglietto vicino a una piccola fotografia di Antonio molto giovane, attaccata su una pagina del passaporto rilasciato dalla Prefettura di Pisa. Tabucchi Antonino, tenero nome, “perché nei nomi c’è il tempo passato insieme, le persone che ci sono morte, cose fatte insieme, luoghi, altri nomi, la nostra vita” (Tabucchi, Dolores Ibarruri versa lacrime amare). Tenero accostamento: due ragazze prese di spalle davanti alla torre civica nella vecchia cartolina in bianco e nero “Vecchiano, via della Chiesa” esposta dietro il vetro della teca. Un pezzetto di Vecchiano fuori da Vecchiano.


Impossibile dire cosa

Sulla mostra non farò una recensione, mi riesce difficile dirvi con precisione cosa ho visto e non voglio annoiarvi. Vi dico solo che è ricca di manoscritti autografi di Tabucchi e che questo da solo è il motivo che mi ha condotto a Parigi e mi ha trattenuto per più di due ore a prendere appunti e fare fotografie in mezzo agli altri visitatori e al personale della Bnf che forse hanno pensato che sia un po’ fissato. Un archivio prezioso fatto soprattutto dei quaderni manoscritti esposti accanto ai libri pubblicati: Verso Isabel. Un mandala, Piccoli equivoci senza importanza, Sogni di sogni, Requiem, Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa, L’angelo nero, Sostiene Pereira, Il tempo invecchia in fretta, Tristano muore... Pagine piene di correzioni e successivi interventi con penne di colori diversi.
Cinque le sezioni della mostra: “Da un paese all’altro”, il radicamento nel luogo d’origine e nella sua malinconica, amatissima Lisbona; “Viaggi e racconti”, il quaderno autografo di Notturno indiano colpisce per il verde, blu e nero della scrittura; “Tra sogni e storia”; “Dialoghi”, con le lettere di Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Theo Angelopoulos, Carlos Drummond De Andrade, Günther Grass, Milan Kundera, Susan Sontag, Mario Vergas Llosa, Pedro Almodovar; in fondo alla sala una gigantografia di Tabucchi che fa il saluto militare nella sezione “Politica”, dove è esposto anche l’articolo “Où va l’Italie, M. Ciampi?”, un intervento molto duro sui pericoli rappresentati dalla destra italiana, scritto nel 2001 e pubblicato su Le Monde in prima pagina di cui la stampa italiana, salvo rare eccezioni, non dette notizia se non indirettamente.


Due inediti o forse più

Infilo gli occhiali di riserva e mi metto a leggere due bigliettini che forse rivelano qualcosa di più di quello che generalmente sappiamo in merito a un romanzo giovanile inedito che si intitolava Lettere a Capitano Nemo, ripreso poi nel racconto Capodanno, novella drammatica che chiude L’angelo nero. Altro quaderno inedito è il romanzo Perdute salme, inviato a Italo Calvino che il 29 marzo 1982 scrive una lettera a Tabucchi in cui elogia la sua scrittura, esprime alcune riserve sul manoscritto e conclude con “la soddisfazione di vedere come il mio discorso s’è sviluppato nel suo, e l’interesse e stima che sento per tutto il suo lavoro”. Il lavoro confluirà nel progetto che porterà alla pubblicazione del libro Il filo dell’orizzonte. Speriamo di vedere questi inediti pubblicati.

Due postazioni video allestite nella mostra

Impossibile non accennare a due interviste video. Mi sono messo le cuffie e mi sono gustato un estratto di un’intervista del 1980 al giovane Antonio Tabucchi che, in giacca a righe, alla trasmissione Apostrophes diceva al condutture Bernard Pivot : “Pessoa, je suis le traducteur italien. Je le trouve le plus grand poète du siecle”. Pivot precisava: “Le plus grand poète portugais”, e Tabucchi determinato e divertito: “Non, le plus grand poète du siecle”. Dall’altra parte della sala ho seguito un’intervista di Bernard Comment a Tabucchi. È il 30 ottobre e siamo a Parigi. Si parla di Tristano muore, colgo qualche frammento in cui Tabucchi dice: “Stiamo vivendo un tempo di sub ideali… Quando ti innamori il cuore batte, qui invece non batte niente, c’è una disforia interna e un’euforia esterna…”.


La vie en rose, comunque

Sono le sette di sera, siamo alla chiusura e il personale della Bnf è gentile e preciso, guardo in fretta i quadri e le fotografie che naturalmente non potevano mancare, gli ultimi visitatori escono, resto solo, mi volto per un’altra occhiata, me ne vado discretamente con l’idea che da oggi sarà possibile consultare questo archivio tabucchiano grazie alla Bibliothque Nationale de France. Susanna e Laura mi aspettano sedute sul divanetto fuori: ”No, mi sono dimenticato di scrivere un messaggio sul libro delle firme della mostra”. Torno sui miei passi, la bionda e gentile signora, prima di chiudere, mi fa avvicinare al tavolo dove c’è il libro, mi siedo e scrivo:

“Venerdì, 7 novembre 2014. Cari voi (Antonio e Zé, Michele e Teresa), lo zio Zefirino mi ha portato qui a Parigi a vedere questa bella mostra. Questo pomeriggio c’erano molti visitatori a rendere omaggio a un grande scrittore internazionale. Ora sono rimasto solo e riguardo in silenzio tutti i tuoi quaderni neri scritti con penne biro di tanti colori. Un saluto da Vecchiano. Ovidio Della Croce”.


Saluto: “Merci beaucop, au revoir”. La bionda e gentile signora sorride mentre indosso mio basco blu: “Bonne soirée”. Conviene avviarci al metro e andare in centro, in fondo con Susanna e Laura a Parigi “seppur con un tocco di malinconia, la vita è comunque en rose” (Tabucchi, Autobiografie altrui, p. 113).


In mezzo al cielo

E così siamo tornati all’aereoporto di Orly. Il volo Transavia per Pisa parte puntuale. Ci muoviamo piano piano sulla pista, poi il decollo e via col vento. Della mostra mi porto via il volantino. Leggo: “Écrivain italien à la renommée internationale, intellectuel engagé, Antonio Tabucchi (1943-2012) est l’auteur de nombreux romans et recueils de nouvelles, abondamment traduits et souvent adaptés à la scène ou à l’écran: Nocturne indien, Petites équivoques sans importance, Requiem, Pereira prétend, Tristano meurt… Ses archives et manuscrits, qui viennent d’entrer par don à la BnF, constituent le fil conducteur de l’exposition: entre Italie et Portugal, voyages et récits, rêves et Histoire, ils permettent d’approcher l’intimité d’une écriture aventureuse et subtile, et d’évoquer le dialogue qu’elle entretient avec l’art, le cinéma, l’engagement politique, sans oublier évidemment la littérature, incarnée par la figure de Fernando Pessoa. Autour des manuscrits, photographies, estampes, éditions, correspondances et extraits vidéos participent à cette illustration de l’imaginaire et de la vie d’un de nos grands contemporains”.

Mi piace leggere lassù in mezzo al cielo, un po’ cado nel dormiveglia e un po’ dall’oblò guardo le nuvole.

 

FINALMENTE DOMENICA!

La voce del Serchio, 16 novembre 2014

odellac settembre 2017