Dall’uovo di Pasqua

Dall’uovo di Pasqua

è uscito un pulcino

da tempo covato
non sembra piccino.

Aveva un pezzetto
dell’uovo di gallina
rimasto sul becco,
come una mascherina.   

Ha pensato: “Me la metto,
ma non vado in viaggio,
vado solo in giardino
e vi mando un messaggio”.

Una zampetta di qua e una di là
tra i fili d’erba

di paesi o città,
ha detto con la sua vocina:
“Niente sarà come prima”.  

Questa catastrofe ci ha aperto gli occhi: non saremo più gli stessi. L’abbiamo scoperto piangendo, vale la pena dircelo oggi ridendo. Ce l’ha insegnato Gianni Rodari, grande scrittore che è riuscito a mettere insieme tre ricorrenze in un solo anno: nato nel 1920, morto il 14 aprile del 1980, nel 1970 premio Andersen, il Nobel della letteratura per l’infanzia. Che questo suo gioco fantastico l’abbia inventato apposta per distrarci un po’ dal Covid-19?

L’opera di questo importante e innovativo scrittore, la cui grandezza è stata a lungo incompresa, sarà pubblicata il prossimo settembre in un Meridiano Mondadori, 1800 pagine curate da Daniela Marcheschi, studiosa di letterature europee.

Questa filastrocca, à la manière di Rodari, piccolo omaggio al Maestro (con la M maiuscola), è stata scritta grazie a un disegno di Domitilla Ferrara che ho ricevuto stamattina sul telefonino e che ho il piacere di condividere con voi.

Buona Pasqua!

Tutti insieme sconfiggeremo il virus

di Ovidio Della Croce 

Questo sembra un articolo scritto a quattro mani, in realtà è solo il frutto di uno scambio di email tra chi scrive e uno scienziato e amico lontano, Guido Tonelli, che naturalmente, non ha alcuna parte nella stesura finale. Gli errori di questa chiacchierata tra amici sono miei. Grazie agli amici della Voce per avermi ridato l’opportunità di scrivere in questo spazio. 

Anni fa c’era una rubrica sulla Voce del Serchio che aveva un titolo felice: Finalmente domenica! Di questi tempi potrebbe essere cambiato in Maledetta domenica. Ma no, va sempre bene il vecchio titolo e anche il vecchio logo regalato da un caro amico scomparso troppo presto.

La prima cosa da dire in questa prima domenica di primavera è che dobbiamo convincerci che la cosa migliore che si possa fare è stare in casa. In realtà me l’ha scritto un caro amico lontano a cui mi sono rivolto perché ne so meno di lui. Ha scritto una bella email in risposta a una serie di considerazioni in cui chi scrive lasciava trasparire anche un po’ d’ansia. Chi scrive si sente di aggiungere soltanto: #IoRestoaCasa. O in giardino o sul terrazzo o affacciati alla finestra. In casa si possono fare tante cose e soprattutto riprenderci il tempo che ci vola via. Sbadigliare, riposare, tenersi in forma con un po’ di ginnastica, fare una doccia, leggere un bel libro, scrivere una poesia, disegnare, studiare, cucinare, pulire, guardare un bel film, sentire gli amici al telefono o in videoconferenza, parlare con la persona con cui condividiamo questa stagione segregata se c’è, e se non c’è, che so, parlare con nostro padre o nostra madre, anche se non ci sono più. Oppure far niente, come di domenica di solito si fa. E sulla sera potremo fare anche un po’ di festa, vestirsi bene e ballare e sperare, felici di sentirsi vicini, sperare, sperare, seguire i decreti del governo e avere fiducia nei medici, negli scienziati, in coloro che studiano queste cose. In questo dramma, noi stando a casa e loro lavorando e studiando, tutti insieme riusciamo a sconfiggere il virus.

Il mio caro amico lontano si chiama Guido, è un famoso scienziato, è anche un ottimo divulgatore, parla in modo semplice, posso testimoniare che quando ragiona anche su fenomeni complessi sa farsi capire anche dai ragazzini. Mi ha detto che questa che stiamo vivendo è una vera e propria catastrofe. La metafora ricorrente è quella della guerra. Per certi versi è peggio di una guerra mondiale. Il Coronavirus uccide non solo gli anziani. Abbiamo già superato i quattromila morti, più che in Cina. Secondo le sue previsioni, solo l’Italia supererà ampiamente le diecimila vittime. Nel mondo i morti si conteranno a milioni e l’economia verrà messa al tappeto. Purtroppo (l’avverbio l’ha aggiunto chi scrive questo articolo, gli scienziati sono esseri umani come gli altri e sentono il dolore come gli altri).

Intanto la cosa migliore da fare è restare in casa. Il mio amico è uno degli scienziati più importanti che ci siano in circolazione, approfittando della nostra antica amicizia gli chiedo. Fino a quando? Fino alla scoperta del vaccino? Fino a quando anziché avere 1 respiratore polmonare ogni 4130 abitanti come in Lombardia (Dati Ministero della Salute, 2017) ne avremo molti di più in ogni regione? A questo il mio amico Guido non se la sente di rispondere, potremmo azzardare solo un’ipotesi. Dobbiamo fare lo sforzo di stare rintanati fino alla fine di aprile, poi in qualche misura il virus si attenuerà. Però continuerà a circolare e si dovranno usare le precauzioni che conosciamo ancora per mesi (distanza, mascherine, igiene, eccetera), dice il mio amico. Siccome è tra gli scienziati più importanti che ci siano al mondo gli chiedo quanto durerà questo periodo di virus attenuato. Lui insiste nel dire che dovremo prendere precauzioni ancora per mesi, poi si potrà tornare a una situazione meno drammatica. Finalmente! (L’avverbio col punto esclamativo sono stati aggiunti da chi scrive questo articolo, gli scienziati sono esseri umani come gli altri e gioiscono come gli altri).

Con la consapevolezza che la scienza non ha tutte le risposte, ma il suo vantaggio è cercare il meglio di quello che sappiamo, gli chiedo se sa dire quali saranno i passaggi più importanti di questa situazione drammatica. Il mio amico Guido dice che i momenti decisivi saranno quelli nei quali, tra qualche mese, si troverà una cura per evitare che il virus produca la polmonite gravissima che manda in rianimazione migliaia di persone e quello nei quali sarà disponibile un vaccino. Domando: quando? Penso che sarà disponibile in qualche forma entro la fine dell’anno, dice.

E poi non so se, dopo questo malanno, verrà qualcosa di buono, allora gli chiedo di descrivere il tempo nuovo del dopo. Il mio amico sa avventurarsi nell’immaginario, studia il passato, si spinge ai confini dell’universo. Mi risponde con una frase che circola di cui apprezzo l’ottimismo: nulla sarà come prima. Ma è molto difficile guardare il futuro. Il mio amico Guido si dice curioso di capire cosa succederà quando cominceremo a rialzarci da questo colpo che ci ha messo al tappeto. È bello ascoltare come lui si immagina le sorprese del post epidemia. Lui si immagina una situazione di entusiasmo e di euforia, come quelle che hanno caratterizzato il nostro dopoguerra. Anche in Italia potrebbero esserci delle sorprese, ma quali sorprese il mio amico non me l’ha detto, non so perché e io non gliel’ho chiesto. Lui è sicuro che la Cina ne uscirà per prima e questo costituirà un enorme vantaggio su tutti gli altri. A questo punto il mio amico scienziato dice una cosa molto importante: anche noi, se continuiamo ad avere il sangue freddo, potremmo essere fra i primi a uscirne.

Dal posto lontano in cui mi scrive il mio caro amico Guido dice che le cose che vede in Italia lo fanno ben sperare. Vede rafforzarsi il senso di comunità. Nel dire questo precisa che si riferisce non solo ai medici, agli infermieri al personale delle ambulanze e delle farmacie, ma anche a tanti episodi di piccola solidarietà che ci sono, per esempio i ragazzi che fanno la spesa per gli anziani che vivono nello stesso palazzo in maniera che non debbano uscire, come fanno i suoi figli che vivono lontano da lui e da sua moglie. Queste cose lo consolano un po’, mentre tiene lezioni in videoconferenza ai suoi studenti dell’Università di Pisa e quando partecipa sempre con la stessa modalità alle riunioni di lavoro di uno dei più importanti laboratori di ricerca mondiale, il Cern di Ginevra.

È molto bello cosa il mio caro amico scrive alla fine della sua email, lo trascrivo alla lettera.

Cose così mi danno consolazione in questi giorni tremendi e può anche darsi che la società che uscirà da questa catastrofe sia meno superficiale e meno ingiusta di quella che in questi giorni rimpiangiamo.

Abbiate cura di voi. 

Post scriptum

Rinnovo il mio grazie a Guido Tonelli, professore di fisica all’Università di Pisa, uno dei pionieri della scoperta del bosone di Higgs al Cern di Ginevra, per la bella chiacchierata. È un privilegio poter ascoltare le sue parole e, al di là dei suoi grandi meriti scientifici, Guido è una persona molto amabile dal punto di vista umano e disponibile sempre a svolgere il compito proprio di un intellettuale, che è quello di condividere il sapere, divulgare le idee, nonostante che il lavoro che svolge sia complesso e la situazione molto difficile.

odellac luglio 2020