Dai ponti al mare

di Ovidio Della Croce

Ho letto il libro intitolato Dai ponti al mare. L’ho sfogliato attratto dal sottotitolo, Il meraviglioso viaggio di Chiube sul Serchio fra Paesi Paesani Pesci Proverbi e Poesie, poi ho continuato a lungo, perché il libro va avanti per 280 pagine.
 
La prima edizione, che andò a ruba, è del 1991 e la seconda è stata pubblicata “in proprio” in occasione della Festa di Maggio 2003. A più di vent’anni questo libro meriterebbe una serata tutta per sé, sul filo della cronaca e della storia locale, tra racconti macchiettistici di giovani adolescenti e pagine da leggere come fonte per conoscere la storia di un paese che a volte ora, quando lo attraversiamo, ci appare anonimo.
 
L’autore, Umberto Micheletti detto Chiube (quando ho chiesto perché Chiube mi è stato risposto perché Chiube è Chiube), è prima di tutto un compaesano, poi è un appassionato di fotografia. Il libro l’ho sfogliato prima di tutto per vedere le vecchie fotografie in bianco e nero e poi correre sul filo della memoria e della storia locale.
 
Fotografie del Serchio che rimangono impresse negli occhi perché Chiube riesce a conquistare la mente e il cuore. Vecchiano, Nodica, Migliarino con i suoi ponti, Arena, il Serchio e la sua foce e i ragazzi che fanno i tuffi o le piramidi, la tenuta di San Rossore con i dromedari al pascolo e quella della famiglia Salviati, la pineta che arriva fino a Torre del Lago e la spiaggia priva di ombrelloni, di cabine e ricca di odori e di ricordi.
 
Ecco una sintetica descrizione del libro. La prima parte è intitolata I Paesi sul Serchio, contiene dieci racconti, il penutimo si intitola Il viaggio in barca. Si parla di un viaggio in barca via Serchio da Metato al mare lungo diciotto chilometri che “poteva essere fatto tutto al fresco perché la mattina, con il sole a est, si passava sotto riva di San Rossore ed il pomeriggio erano i canneti e gli alberi del Salviati che ci avrebbero fatto ombra”. Si racconta della moda di costruire le baracche di cannella sulla spiaggia, la prima fu quella di Loreno, nell’agosto 1945, e si ricorda di una bomba sotto un ponte che il piccolo Umberto però non riusciva a vedere.
 
La seconda parte è dedicata ai Paesani sul Serchio. Un nome a caso tra i molti che si incontrano: “Tal Trottello, quello che abitava in via Gallonzeri”, il cocchiere proprietario della diligenza tirata da due cavalli che permetteva di fare “il più bel viaggio” da Metato al mare la domenica d’estate carico di “clienti per lo più vecchi con l’artrite che andavano a fare i bagni di rena, con la borsa da mangiare e un immancabile ombrello nero per riparasi la testa dal sole mentre tutto il resto del corpo sarebbe rimasto tutto il giorno sotto uno strato di sabbia bollente”.
 
La terza si intitola Le pescate sul Serchio, memoria di un’intensa attività piscatoria fondamentale per la vita di molte persone di allora. Si parte con le pescate delle anguille, si descrivono quelle difficili delle orate e poi si icontrano parole come “mazzacchera”, “cee”, “foone”, “scarbatra” conosciute fino alle generazioni cresciute dopo la guerra e forse fino agli anni Sessanta, ma che ai giovani di oggi non dicono niente.
 
Al mare sul Serchio è la parte finale del libro. Mi limiterò a trascrivere un pezzo del racconto La baracca sul retone per avere un’idea di dove vengono l’attenzione e la passione con cui l’autore si è occupato in queste pagine di cronaca e storia locale:
 
“Il retone di Bocca di Serchio era il mio luogo preferito per le vacanze estive, era la mia riviera, il mio Club Mediterranée nella formula tutto compreso. Cominciavo già all’inizio della bella stagione ad andare sempre più frequentemente nella baracca, fino a che mi trasferivo definitivamente nel capanno, pescando giorno e notte, facendo bagni e tuffi in continuazione dal pontile delle barche”.
 
Le Poesie sul Serchio ci dicono che il bello e l’arte vengono quasi naturali da questo fiume letterario, fiume della poesia e della vita di Ungaretti insieme all’Isonzo, alla Senna e al Nilo, ma piccolo e rapido. Tra i poeti compaesani figurano Walter Pardini con un Ricordo e Piero Mazzanti dice in un suo verso sul Serchio: “Salti di muggini innamorati”. Chiube spiega così il salto fuori dall’acqua di alcune specie di pesci: “Forse è davvero la gioia di vivere che fa volare in aria quei pesci”.
 
Umberto mi ha dato il libro in una serata di queste in cui si leggevano i lavori degli studenti che hanno partecipato al concorso “Silenzi suoni e voci del fiume Serchio”, che è servito a farci conoscere alcuni pensieri, espressi in poesia, disegni e video, di giovani che si affacciano sulle sponde del Serchio e lo vedono con gli occhi del presente.

 

Ora mi scuso se nel finale uso il libro per dire che venerdì 24 maggio alle 21:30 al Teatro del popolo di Migliarino, nel decennale del Maggio, ci sarà la premiazione degli studenti che hanno vinto il concorso e la mostra dei lavori di tutti quelli che hanno partecipato. E ci sarà anche l’autore di questo libro, che è bello da leggere e le fotografie sbiadite sono belle da vedere; ci parlerà della sua infanzia e della sua adolescenza sul Serchio o ci racconterà qualche storia dei ragazzi di allora oppure ci spiegherà qualche aneddoto e proverbio o ci dirà quello che gli pare in questa nostra lingua pisana che vira verso il mare della lucchesia. E sarà bello cogliere il flusso tra i racconti di un giovane di prima e quelli di ora.

odellac settembre 2017