Cabina telefonica ciao

di Ovidio Della Croce

Da “La voce del Serchio” rubrica “Finalmente domenica” del 24 maggio 2015

 Foto di  Francesco Napolitano

 

Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo. Finalmente domenica mattina sono stato al mare. C’era il sole, il cielo era azzurro, le nuvole sui monti e l’aria era frizzante. E io mi meravigliavo della curiosità con cui guardo le cose più insignificanti che mi stanno davanti, per esempio la cabina telefonica davanti casa mia.

Nella giornata di martedì 16 giugno la cabina telefonica nel centro di San Giuliano sarà rimossa. Un mese prima della rimozione è stato affisso un cartello adesivo che dice: “Questa cabina sarà rimossa il 16/06/2015”. C’è anche una lettera che avvisa gli utenti di scrivere una “Posta Elettronica certificata (PEC) all’indirizzo cabinatelefonicacert.agcom.it entro 30 giorni dalla data di affissione di questo avviso” per chiedere “che questo telefono pubblico resti attivo”. I termini sono scaduti, ma nessuno ha scritto, credo. Ho saputo però che, in apertura del Consiglio comunale del 20 maggio, si è discusso una mezzoretta una mozione che chiede di salvarla per il suo valore storico. Mah! Personalmente non ne vedo il valore, se mai a questo punto preferirei che rimanesse attiva e ben funzionante quella di Viale Boboli per la quale al momento non è partita la lettera di pensionamento.

Non c’è niente da fare, le cabine “improduttive”, per Telecom sono tali quelle con meno di quattro chiamate a settimana, saranno smantellate. Dunque, le due postazioni telefoniche di Piazza Shelley sono inutili. È stata smantellata quella nel centro di Molina di Quosa e presto lo sarà anche quella in Piazza a Ripafratta.

La storia della cabina telefonica ci dice che il primo apparecchio all’aperto fu installato in Piazza San Babila a Milano nel 1952 e conobbe un boom negli anni Settanta e Ottanta fino all’avvento del telefonino e di internet. Le cabine erano 107 mila, ora sono 77 mila e nel 2015 saranno ridotte ancora del 12%. I ricorsi contro la loro riduzione sono col tempo diminuiti. Per trovare la mappa aggiornata dei telefoni attivi in Italia bisogna andare sul sito di Telecom alla pagina “trova telefono pubblico”.

Tutti hanno un cellulare in mano. Chi uno vecchio, i trenta quarantenni uno smartphone e i ventenni si scambiano messaggi a raffica su Wathsapp. Se non sei collegato a internet non ti considera più nessuno. Chi al mondo d’oggi non ha una pagina Facebook? Siamo tutti connessi, impegnati a chiacchierare con gli altri vicini o lontani e a chiudere le conversazioni sfumando un ciaociaociao….
Sono in piazza, mi squilla il cellulare, comincia a piovere e mi infilo nella vecchia cabina telefonica e continuo la conversazione telefonica. Passa Gabriele Santoni, mi scatta una foto col cellulare e commenta: “Sei uno degli ultimi nostalgici”. Chiusa la mia telefonata metto il cellulare in tasca e alzo nostalgicamente la vecchia cornetta, ma non ho i gettoni, pensionati nel 2001. La riabbasso e penso ai diversi gesti per chiudere una conversazione telefonica: il cellulare in tasca è diventato parte di noi che salutiamo con ciaociaociao, la cornetta si riattaccava di solito dopo un solo saluto: ciao.
Su Wikipedia si legge che la parola ciao deriva dal veneto s’ciao, “proveniente dal tardo latino sclavus, traducibile con sono suo schiavo”. Forse possiamo concludere che oggi con i cellulari siamo schiavi tre volte?

Sono ancora dentro la cabina e guardo fuori un tizio che parla al cellulare. Io qui dentro protetto da un vetro, lui fuori con la mano alla bocca. Si vedono sempre persone che parlano al telefono ad alta voce, ma il gesto di parlare, al riparo della mano alla bocca, mi sembra una ricerca di riservatezza da parte di chi non vuole che gli altri sentano, ma anche una forma di rispetto di chi non vuole importunare gli altri e crea una barriera con la mano, il surrogato della mia cabina protetta.

Esco dallo spazio chiuso della cabina in piazza ormai sul viale del tramonto e mi consolo con l’ovetto telefonico che resiste in Viale Boboli. Ripenso alle generazioni e a come identificarle: la generazione del dopoguerra, quella del boom economico, quella delle magliette a strisce, quella del Sessantotto, quella della discomusic, quella dello sboom economico, quella dello samrtphone, la generazione di qua, la generazione di là… E la mia? Forse quella che preferisce la compagnia delle persone a quella della tecnologia e che ha usato molto il telefono a gettoni nelle cabine telefoniche.

Post scriptum
Grazie a Francesco Napolitano per la foto

Video di Alessandro Marianelli

Il brano musicale è tratto dall’ultimo CD dei Betta Blues Society

 

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odellac agosto 2017