Capodanno a Parigi

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PARTENZA

Siamo partiti alle quattro e un quarto da Pisa domenica 31 dicembre, valigia in stiva. L’aereo lascia la sua scia in un cielo con le nubi. Il mio posto era tra Susanna, all’oblò, e una signora di Firenze esperta di arte che andava a trovare sua figlia che insegna teologia all’università di Parigi. In volo leggo Generazioni di Remo Bodei. Susanna un po’ legge Simenon e un po’ guarda fuori dal finestrino. Arrivo a Parigi Orly e ritiro valigia regolari. Non c’è molta gente all’aeroporto.

“Sa – mi dice la signora fiorentina al ritiro bagagli – c’è stato il 30% di turisti in meno per via degli scioperi contro la riforma delle pensioni, anche dei miei amici hanno rinunciato”.

Prendiamo le nostre valigie e ci salutiamo.

 

LESSICO FAMIGLIARE

A nostra figlia Laura abbiamo raccontato come è cominciata la storia fra me e Susanna, sua madre: quarant’anni fa, al Louvre, davanti alla Gioconda. Innamorarsi a Parigi è bellissimo. Quel giorno la Gioconda non la vidi, fui preso dallo sguardo di Susanna. Ci siamo sposati il 2 gennaio 2019, nostra figlia aveva 26 anni e ci ha fatto da testimone. Questo viaggetto a Parigi, anche se non ce lo siamo detto, era inevitabile. Entrare al Louvre, sostare davanti alla Gioconda, rivedere il nostro vecchio hotel nel cuore del quartiere latino, l’Home Latin, che non abbiamo potuto prenotare perché completo. Non esiste al mondo una città come questa, forse è solo una mia immaginazione, pensare che è stato il luogo dove si è decisa quasi tutta la mia vita per me resta ancora un mistero.

 

L’APPARTAMENTO PARIGINO

Susanna e io abbiamo scelto di stare cinque giorni in un appartamentino in rue du Temple, nella zona nord del Marais. Ci piace stare nel Marais a pochi minuti da Place des Vosges, la più antica piazza di Parigi. E un appartamento, seppur piccolo, è più spazioso di una camera d’albergo e ci concede l’illusione di abitare a Parigi, mentre stare in un hotel è più anonimo. Avevamo consultato il portale di una nota piattaforma on-line, visto il prezzo, guardate le fotografie, letto le recensioni, ci è sembrato economico, grazioso e l’abbiamo scelto. Abbiamo pagato con la carta € 548,95 e ci è arrivata la ricevuta. Abbiamo contattato per email il nostro host, che qui indico con la sola iniziale del nome, M, che ci ha subito risposto, ci ha dato un numero di cellulare da contattare, ci ha indicato con precisione cosa fare all’arrivo, quale campanello suonare, a che piano salire e dove trovare le chiavi, ovviamente sotto lo zerbino.

 

VOLETE SAPERE POI COSA È SUCCESSO?

Verso le sei e mezzo abbiamo preso l’Orlybus e in una mezz’ora siamo arrivati al capolinea in piazza Denfert-Rochereau. Qui contavamo di prendere la metropolitana, ma era chiusa per sciopero e i bus erano strapieni. Non è rimasto che il taxi per raggiungere il nostro appartamentino. Ne abbiamo fermato uno al volo, abbiamo caricato la nostra valigia, siamo saliti: “Rue du Temple”, ho detto. Non è stato facile per il taxista muoversi nel traffico dell’ultimo dell’anno, la città delle luci e delle macchine ci ha inghiottitto per mezz’ora. Alle otto passate eccoci arrivati: abbiamo semplicemente suonato il campanello che M ci aveva indicato, la porta si è aperta in automatico, siamo saliti su per quelle scale di legno fino al secondo piano. Nel corridoio c’erano due appartamenti: uno con la porta lasciata aperta per una festa di ragazzi, raggiungiamo l’altra porta, alziamo lo zerbino e troviamo le chiavi. Eravamo molto curiosi di vedere l’appartamento. Un disimpegno sbucava in un cucinotto, l’acquaio con dei piatti lasciati ad asciugare e la vasca con dei rifiuti di cibo dentro, la nostra stanza era piccola, il tappeto nero con delle briciole, il letto con il piumino tirato su alla meglio e le lenzuola scure usate, ho alzato il letto e sotto c’era molta polvere accumulata, i mobili sporchi.

Guardo Susanna con aria stupefatta e disgustata.

“Qui non ci resto”, dice. “Nous avons des problèmes, scrive a M, che non risponde.

Susanna mi fissa seccata: “Come si dice lercio in francese?”

“L’appartement est sale”, rispondo. Lo scrive e aggiunge: “On ne peut pas rester ici”.

M risponde in modo vago: “Je suis désolée, je ne comprend pas”.

Fotografiamo i punti in cui la sporcizia era più evidente per documentare la situazione e ci mettiamo alla ricerca di una camera. Per fortuna non fu difficile trovare un’offerta accettabile per la notte dell’ultimo dell’anno, l’Hôtel des Jardins du Louxembourg aveva una camera a 180 euro. Chiudo la porta accompagnandola con la mano, Susanna rimette la chiave sotto lo zerbino e ci incamminiamo verso l’hôtel.

 

BONNE ANNÉE!

Passiamo dietro il Centre Pompidou, vediamo il cantiere per ricostruire la cattedrale di Notre Dame, “Pauvre France!”, diceva la mia insegnante di liceo commentando i nostri grossolani errori. Raggiungere l’hotel non è stata una passeggiata: tre chilometri a piedi trascinando la valigia.

“Pourquoi si tard?”, chiede curioso il signore della reception. Gli spieghiamo la nostra piccola avventura, posiamo le nostre cose in una camera pulita e usciamo per una cenetta. La crêperie di fronte a quell’ora andava bene, anche se non c’era clima di festa, anzi eravamo quattro gatti, ordino un’omelette, ma il cameriere risponde: nulla, solo crêpes dolci. Pareva che non aspettassero altro che chiudere. Cerco di creare un po’ di atmosfera con una crêpe suzette flambée au Grand Marnier, a mezzanotte tocchiamo le nostre due tazze di sidro: “Bonne année!”. Quarant’anni prima eravamo due giovani innamorati in Place Saint-Michel ballavamo e brindavamo in mezzo a migliaia di ragazzi, poi ancora non mi è chiaro come abbiamo trasformato quell’incontro in un progetto di vita e poi in una vita insieme, certo è che quest’anno all’una e mezzo eravamo stanchi e siamo andati a riposare.

“Così domattina ci alziamo presto, cambiamo hôtel e giriamo per Parigi”.

Da soli insieme pensiamo, senza dircelo, la stessa cosa: in tutti questi anni di viaggi è la prima fregatura che ci capita. E ci addormentiamo.

 

TRASFERIMENTO

Bellissimi in primavera, les Jardins du Luxembourg sono un luogo di grande fascino anche in inverno, in una mattina piovigginosa e grigia. “Quando piove su Parigi come è triste il cielo”, cantava Edith Piaf. La mattina di Capodanno, mentre Susanna mette in funzione un hotspot tra telefono – che fa da router – e tablet per messaggiare con M e cercare un altro hôtel, vado avanti e indietro tra i viali, il cielo grigio non mi pare così triste e mi diverto a guardare le persone che corrono lungo i due chilometri e mezzo di perimetro del parco.

Ci trasferiamo nell’accogliente Relais du Marais, in Rue de Turbigo, vicino a Rue du Temple con la speranza di incontrare M, chiarire ed entrare nell’appartamentino bello pulito. Bello il cielo. Belli i tetti. Bella Parigi avvolta dalla nebbia. Belle le luci, i caffè e la gente che beve. Ma da M arriva sempre la solita musica: “Je suis désolée, je ne comprend pas”.

 

MAISON DELACROIX, ORANGERIE

Questa volta rinunciamo alla tela più famosa di Eugène Delacroix, La liberté guidant le peuple, che si trova al Louvre, ed entriamo nel piccolo museo di place de Furstenberg per la casa dove Delacroix abitò gli ultimi anni della sua vita e dove sono esposte le opere cosiddette “minori”. La piccola porta di ingresso non lascia immaginare la ricchezza della casa museo: in giardino l’atelier dove Delacroix dipingeva e un centinaio di oggetti che portò dal suo viaggio in Andalusia, Marocco e Algeria, un viaggio che influì parecchio sulla sua pittura.

Proseguiamo il nostro giro e ci ritroviamo a passeggiare nei giardini delle Tuileries, naturalmente. Piccola fila al museo de l’Orangerie, a un certo punto ci fanno entrare gratis tutti perché manca mezz’ora alla chiusura. Per Susanna non si può essere a Parigi senza vedere le Ninfee di Monet e solo il suo occhio può scoprire in un punto l’autoritratto dell’autore. Intanto io sono seduto nel divanetto al centro di una stanza ovale guardo l’insieme dell’opera, sto bene così e questo è l’importante. All’uscita Susanna controlla i messaggi. “M a refusé de payer”. Il messaggio riporta la risposta di M: “Les draps ne sont pas inclus et très exageré. L’annonce n’est pas inexacte”. Susanna controlla di nuovo e verifica che le lenzuola erano incluse. Poi legge la fine del messaggio: “Vous pouvez maintenaint demander à … (segue il nome della piattaforma, ndr) d’intervenir et de prendre une décision définitive”.

Bella Parigi di notte.

 

MIDNIGHT IN PARIS

Se Parigi sia più bella di notte che di giorno è impossibile dirlo. Ma stasera è più bella di notte perché abbiamo deciso di andare a cena al Polidor, Crémerie-Restaurant dal 1845, dove Woody Allen ha girato una scena di Midnight in Paris. Ce lo aveva consigliato per la cucina francese tradizionale il responsabile della reception del Cluny-Sorbonne, un piccolo hôtel nel cuore del Quartiere Latino, siamo in una camera minuscola, non è la “chambre jolie” di Rimbaud che soggiornò qui nel giugno 1872, però è a cinque minuti dallo storico ristorante, e in un’ottima posizione per raggiungere l’aeroporto di Orly.

Al Polidor hanno sostato i poeti maledetti Paul Verlaine e Arthur Rimbaud, il borghese conservatore Paul Valéry, e molti altri illustri personaggi. In questo bistrot Woody Allen ha girato l’incontro del protagonista Gil, scrittore insoddisfatto, con Hemingway.

Al Polidor si va senza prenotazione e si paga in contanti, nella sala da pranzo i lunghi tavoli apparecchiati con tovagliette a quadri bianche e rosse sono condivisi, anche la toilette è d’altri tempi, speriamo che non arrivi un nuovo proprietario che, consigliato da un architetto con la erre moscia e all’avanguardia, ristrutturi il locale per renderlo à la page.

È tardi, gli ultimi clienti se ne vanno e la cameriera nera di pelle ci serve con gentilezza e rapidità, Boeuf Bourguignon, purée, vino rosso, chiediamo altro purée, ce lo porta e dice: “Desolé, c’est le dernier”, alla fine l’immancabile Tarte Tatin, paghiamo meno di 50 euro per l’ottima cena, impagabile è l’atmosfera del Polidor. Mi alzo, gironzolo per la sala in cerca della fotografia con dedica di Woody Allen, è dietro il banco di legno, indosso gli occhiali, mi sporgo un po’ per inquadrarla, quando scatto arriva la cameriera. Le sorrido e indico la foto. La cameriera, che probabilmente ha visto Woody Allen solo in quella foto dalla cintola in su, mi fissa e grida meravigliata:

“C’est toi”? E io: “Non, ce n’est pas possible!”.

Attirate dalla confusione, entrano nella scenetta anche Susanna e la responsabile di sala. “C’est incroyable, elle m’a confondu avec Woody Allen!”, chiarisco. Susanna sorride, la responsabile di sala dice: “Non, non, mais il rassemble à un acteur… je me ne souviens pas”.

Allora raccontiamo la nostra storia: l’incontro al Louvre, davanti alla Gioconda, che non vidi, preso dai suoi occhi, eccetera.

“C’est mervellieux”, dice la responsabile.

Le mostro sul cellulare le nostre foto di quarant’anni fa a Parigi, mi blocca su una in cui ho lo sguardo gelido per il freddo e i capelli tirati su e dice:

“Clint Eastwood”.

Socchiudo gli occhi e la guardo: “Merci bien”.

“Et ici je n’avais pas un demi-cigare dans la bouche”, dico alla cameriera.

Nessuno finora mi aveva detto di essere Woody o di somigliare a Clint.

Alla mia età voglio scegliere di somigliare a chi mi piace.

Bonne nuit a tous!

 

BICICLETTE

Bonjour a tous. Anche a M, che ha un’idea della pulizia molto vaga. La mattina Susanna ha inviato tutta la documentazione alla piattaforma on-line. È il suo compleanno, il sole brilla, gli scioperi continuano, mi ha guardato e ha detto: “Si noleggiano due biciclette?”. A due passi, sul quai del la Tournelle 63, c’è Frescoot, dove noleggiano vespe rosse e biciclette italiane. Paghiamo in anticipo 20 euro a testa e lasciamo un deposito di garanzia di 600 euro con la carta di credito. Ne scegliamo due nere col sellino rosso, robuste, ma agili.

Pedaliamo sul lungo Senna, si passa la Gare d’Orsay e si arriva alla tour Eiffel, si va verso l’Arco di Trionfo e si scende lungo gli Champs Elysées con il vento che ci sferza il volto e i sorrisi quando facciamo fotografie e filmini un po’ scemi in time-laps. Dopo una breve sosta per un buon potage caldo e una fetta di quiche lorraine andiamo in Place de Vosges a vedere la casa di Victor Hugo, che era in restauro, allora siamo andati alla ricerca del nostro vecchio appartamentino in cui andavamo con nostra figlia piccola e l’abbiamo trovato. Che nostalgia. Abbiamo girato per l’Île de la cité, siamo passati intorno alle rovine di Notre-Dame, siamo scesi e abbiamo fatto un lungo tratto di pista ciclabile lungo la Senna e siamo risaliti al Pont Neuf. Poi abbiamo attraversato Les Halles e ci siamo fermati a Saint-Eustache, una meraviglia di Parigi, all’interno altre meraviglie come La vie du Christ di Keith Haring. E il Louvre, e la Gioconda? Be’, questa volta ci siamo divertiti così.

 

DOPO

Il bus ci ha lasciato proprio di fronte all’aeroporto di Orly. Prima di fare il check-in Susanna ha controllato la posta sul tablet. Il messaggio dalla nostra piattaforma su cui avevamo affittato l’appartamento diceva: “M ha dovuto cancellare la prenotazione. Sappiamo quanto sia difficile. Per questo motivo ti abbiamo inviato un rimborso totale… Quando gli host cancellano la prenotazione, possiamo addebitare loro una penalità, bloccare il calendario, lasciare una recensione pubblica sul suo profilo e annullare il loro stato di superhost”.

Stavamo andando in fila verso i controlli, ci siamo resi conto che non avevamo imbarcato la valigia in stiva, siamo tornati da un addetto al controllo, ci siamo scusati e lui ha detto: “Desolé, c’est pas votre faute”. Ci ha gentilmente accompagnato allo sportello dove abbiamo consegnato la nostra valigia. Ai controlli sicurezza mi è suonato il metal detector: avevo dimenticato una piccola confezione di formaggio di capra nello zaino, me l’hanno sequestrato e mi hanno detto: “Perché è molle, les durs passent”. Viva la Francia.

 

COINCIDENZE

Mentre Susanna va a recuperare la macchina, aspetto la valigia in stiva al nastro scorrevole dell’aeroporto di Pisa e casualmente incontro la signora di Firenze esperta di arte.

“Buonasera, tutto bene?” mi dice sorridente.

“Sì, grazie, e lei?”

“Molto bene, sono stata con mia figlia e ho visto il Delacroix, un gioiellino, glielo consiglio”.

Pausa. Sorrido, prendo la valigia e saluto.

 

FINALMENTE

A casa Susanna mi passa l’ipad e dice, leggi questo messaggio:

“Ciao Susanna,

un rimborso di € 548,95 è stato emesso sulla tua carta di credito… (segue il numero e il tipo, ndr) per la prenotazione… (segue il numero, ndr). Sebbene questo rimborso è stato emesso immediatamente da parte nostra, potrebbe impiegare fino a 15 giorni lavorativi per apparire sul tuo account.

Grazie, il team di …” (segue il nome della piattaforma, ndr).

“Senti, che dici, stappiamo una bottiglia di spumante?”.

“Stappa pure”.

Post scriptum

Il rimborso è andato a buon fine.

Ringrazio Antonella Bucchioni per le varianti suggerite nelle parti in francese, naturalmente non ha alcuna parte nei miei errori, e naturalmente grazie a Susanna Vierucci per essersi destreggiata nella non facile pratica di reclamo, per le foto e per questo viaggetto.

odellac gennaio 2020