Viaggio a Vienna

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Avevo appena terminato la tesi di laurea su Wittgenstein e la crisi del linguaggio nella cultura austriaca di inizio Novecento che mi trovai catapultato nella capitale austriaca, spinto dalle mie curiosità supportate dalla voglia di una vacanza da parte di alcuni miei amici. Avevamo a disposizione una sola auto ed eravamo in sei. Per sorteggio a me capitò di dover andare in terno da solo. Fu in viaggio faticoso, senza cuccette, durato tuttala notte. L’unica cosa che ricordo e la visita nello scompartimento di noi viaggiatori assonnati dei finanzieri austriaci in piena notte. all’arrivo, con il mio traballante tedesco che oramai non ricordo quasi più, chiesi nei dintorni della stazione ad uno dei passanti informazioni sul campeggio dove avevo l’appuntamento con i miei amici. Me lo ricordo ancora quel signore scelto per caso perché mi trovai di fronte ad un evento piacevolmente inatteso. Era una persona anziana, mingherlina. Avevo intercettato un un amante della Toscana e in particolare di Pisa che parlava benissimo l’italiano e gli piaceva parlarlo. Invece di fornirmi semplicemente le indicazioni che avevo chiesto, prese con me il tram, mi pagò il biglietto e mi accompagnò dove era il campeggio parlandomi durante il viaggio non breve dei suoi soggiorni in Italia, chiedendomi per ogni luogo che aveva visitato se lo conoscevo e se avevo qualcosa di più da dirgli sulla sua storia e sui suoi monumenti.
Il mio viaggio fu una sorta di caccia a tutte le tracce che il periodo che avevo studiato aveva lasciato. Dalla casa della sorella di Wittgenestein tra la Kundmanngasse e la Parkgasse, alla Postsparkasse di Otto Wagner, un esempio dell’architettura funzionale in stile Secessione, i palazzi e le case costruite da Adolf Loos, il Palazzo della Secessione, le opere di Klimt, di Egon Schiele e Oskar Kokoschka, le musiche di Arnold Schönberg. I miei amici però avevano interessi diversi ed erano interessati agli aspetti più classici e anche un po’ più goderecci come le cene e i vini di Grinzing, l’Hofburg, il palazzo di Schönbrunn, il Prater, i concerti nei giardini della città, i musei, le pasticcerie. Alla fine siamo riusciti a conciliare le nostre esigenze grazie agli spostamenti in tram e alle interminabili camminate. È stato un viaggio durato parecchi giorni che ha lasciato in me tracce sensibili con i suoi palazzi, le sue vedute, le sue strade, i suoi personaggi, le sue storie. Vienna mi è rimasta dentro e mi è rimasta la voglia di tornarci. Sarebbe bello se tutti i viaggi fossero così, che lasciassero un segno anche visibile sul volto di chi l’ha portato a termine o almeno nell’anima. Antonio Tabucchi in una intervista rilasciata a Paolo di Paolo contenuta in “Ogni viaggio è un romanzo” dice “Più di una volta sono andato ad aspettare l’autobus da qualche parte [all’arrivo di una gita], fingendo di aspettare qualcuno anche se non aspettavo nessuno, per guardare le persone che scendevano. Sul volto troviamo meraviglia, eccitazione, stanchezza, a volte non sono più giovani, qualcuno ha portato anche i nipoti più grandicelli [come succedeva a me con mia nonna]. Mi piace guardarle, queste persone: hanno davvero fatto un viaggio, anche se solo di poche centinaia di chilometri. Magari, non so, al mio paese sono andati ad Assisi o sul lago Trasimeno. E il viaggio ce l’avevano assonnati dove è rimasto il disagio e l’allegria di quella breve evasione. Invece, al contrario, mi è capitato di osservare certe coppie giovani, oggi, che magari non hanno mai visto gli Uffizi o il Colosseo che quando si sposano vanno in viaggio di nozze alle Seychelles o alle Isole Comore. Quando tornano, sul loro volto non c’è scritto niente. Del resto, cosa ci fa uno alle Isole Comore? Sono solo abbronzati. Lo stesso risultato l’avrebbero ottenuto standosene seduti nel cortile di casa o sul terrazzo”. Mi viene in mente il film “Turista per caso”, in cui il protagonista fa di tutto per non viaggiare non viaggiando, per evitare l’incontro con l’altrove e con l’altro. Il mio viaggio a Vienna fu, io penso, un vero viaggio, uno di quesi viaggi che lasciano tracce non so se visibili o invisibili, ma comunque tracce. E mi è rimasta la voglia di tornare a Vienna.

massimocec ottobre 2020