Francesco, per i familiari, Ciccio, era nato il 29 maggio 1954 a Castelvetrano. Nacque settimino. Prima che fosse inventata l’incubatrice i bambini prematuri non sopravvivevano. Negli anni in cui nacque Francesco l’incubatrice, inventata in Francia a fine Ottocento, non era ancora arrivata in quella parte così lontana della Sicilia. Sua madre in qualche modo gliela costruì. Prese Francesco, lo mise in una scatola tra l’ovatta, adagiò la scatola in un armadio, gli creò un ambiente riscaldato con bombole dell’acqua calda e stava attenta che la temperatura corporea fosse giusta, si spremeva il latte dalle mammelle e lo nutriva con un cucchiaino. Sembra più una leggenda che una storia vera. Si dà il caso però che questa nascita incredibile me l’abbia raccontata Rita, sorella di Francesco, che è medico.
L’ho conosciuto in Valtellina, nei primi anni Ottanta del calendario gregoriano. Tutti e due eravamo giovani insegnanti precari, Francesco di matematica e scienze, io di lettere. Era gentile, buono e generoso. Aveva così tanto ricevuto da sua madre al momento della nascita che pensava di doverlo in qualche modo restituire agli altri. Era un ragazzo bassino, con i capelli neri, le labbra pronunciate e sempre con una sigaretta in bocca. Quelli valtellinesi furono anni intensi, la nostra amicizia era vitale, di lui mi attraeva la sua incondizionata disponibilità e il suo modo di parlare tra il siciliano e l’italiano. Ebbi anche il privilegio di conoscere i suoi genitori, due persone miti e di una certa età, che si fecero il viaggio da Castelvetrano a Morbegno per andarlo a trovare. Francesco era raggiante e penso che quelli furono gli anni più belli della sua vita. Dopo ci siamo sempre tenuti in contatto, qualche volta è venuto a trovarmi, altre sono andato io in Sicilia. Ci sentivamo al telefono, gli piaceva raccontarmi le sue storie e io lo stavo ad ascoltare. L’ultima volta che ci siamo visti è stato nel 2005, trascorremmo un mese insieme in Sicilia. Dopo sua madre si ammalò e, quando morì, Francesco cadde in una brutta depressione da cui faticava a riprendersi. Fumava una sigaretta dietro l’altra, si ammalò di polmoni e negli ultimi anni andava in giro con la bombola di ossigeno e la mascherina. Nelle ultime telefonate sentivo che faticava a parlare. A gennaio si è ammalato di influenza, è stato ricoverato, poi è tornato a casa, ma le sue condizioni sono peggiorate ed è dovuto tornare in ospedale. Aveva un’infezione batterica di klebsiella pneumoniae. Gli è stata fatta la tracheotomia, è stato intubato per tre giorni ed è morto all’ospedale il 29 febbraio 2020. Il funerale è stato possibile celebrarlo, dopo poco è scattato il divieto dovuto all’epidemia. Francesco riposa vicino ai suoi genitori nel cimitero di Castelvetrano.
“Ni viriemu, Cicciuzzo miu beddu”?
Odellac luglio 2020
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